Articoli, Possibilità

97.La giustizia: antica e nuova…

da Ulpiano fino a  JFK, dai dubbi ad un’inversione sovrana…

Veronese, Allegoria della Giustizia

 «Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere.» (Ulpiano Digesto Trad. “La giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo”).

(aggiornamento 27 novembre   2023) “Sul Sole 24 Ore del 24 novembre 2019 Michele Ciliberto scrive del libro Elogio del diritto opera di due famosi autori come il prof.  Natalino Irti, giurista e il prof. Massimo Cacciari, filosofo, anche del diritto. Da questa recensione prendo lo spunto per cercare di definire non tanto la definizione di Giustizia ma alcune sue tracce (im)portanti.

Nella recensione si scrive che l’opera,  nella ” crisi in cui siamo immersi”, pone le domande della legge ingiusta e del  fondamento del diritto.  Nella recensione si evidenziano le  domande che pone l’opera, si dà grande importanza al problema del fondamento del diritto, alla giustizia e si cita Dante che considera la giustizia ” virtù più amabile nell’uomo, che è più umana”.  Si sottolinea che   il problema posto meritevolmente dal libro è il  destino dell’uomo. Irti e Cacciari si appoggiano  anche ad un saggio di Werner Jaeger, scritto nel  1947 alla fine del secondo conflitto mondiale laddove  si richiama l’Essere e l’ordine*. Alla fine della  recensione si cita “uno dei grandi giuristi Capograssi” non in una delle sue risposte ma  in una delle sue domande per sapere” con interiore angoscia che intorno all’idea  di Giustizia il Nomos** della terra si può solo balbettare”. C’è una tensione viva nella recensione ma alla fine si rischia di ricordare  solo il dubbio. Forse basterebbe per rispondere  citare Ulpiano per un’antica definizione di Giustizia (dare a ciascuno quel che è suo, anche se per noi, dimenticando il contesto, si rischia di dare al “suum” una sfumatura solo patrimoniale). Oppure sviluppando l’indagine si può ricordare quanto scritto, incidentalmente dal filosofo del diritto Francesco D’Agostino, che è stato Presidente onorario sia del Comitato di bioetica nazionale sia, sempre in via onoraria, dell’Unione dei Giuristi Giuristi cattolici. Nell’introduzione alla sua Filosofia del diritto. D’Agostino  ha scritto  che  il diritto ha in comune con la religione la ricerca di salvare una persona. Si può salvare una persona in molti modi, una modalità da completare con un comportamento complessivo,  può essere il diritto. Nella recensione si indicano i problemi ma c’è il rischio di nascondere quello  che tutti possono comprendere e, a furia di darlo per scontato, si dimentica. Nella recensione del libro di Cacciari e Irti, solo elencando i problemi, la loro storia, sottolineando domande, l’elogio del diritto, nella possibile giustizia, è intuibile ma non risulta pienamente giustificato, fondato. Altro è il discorso problematico sulla definizione di persona che va sviluppato  ma con equilibrio, senza forzate  concessioni a  mainstream e all’ edonismo giuridico che non vede la vittima. Altro problema concreto è la  fatica, la  difficoltà di cercare di attuare la giustizia  in una società liquida che ha perso le sue rotaie e il rispetto per coloro che cercano di ordinarla. Ma le rotaie ci sono ed emergono anche in articoli che rischiano quasi di nasconderli. Nel titoletto verso la fine si scrive di “domande cruciali che hanno percorso tutta la nostra civiltà a cominciare dal mondo greco”. Come ha mostrato il prof. Giuseppe Fornari nelle sue profonde analisi antropologiche e filosofiche, anche del mondo classico, la croce è la scomoda rivelazione del fondamento nascosto rispettivamente della nostra civiltà e della nostra cultura: per la civiltà è la vittima innocente, il capro espiatorio, per la cultura il sacrificio. Il fondamento quindi nella pratica ha tratti spesso mobili e frammentati ma c’è. Come ha ben evidenziato Piero Calamandrei, con una sottolineatura ignota a molti sedicenti cristiani, la croce,  è rivelatrice del male subito dalla persona suppliziata è criterio di giudizio fondamentale che, se ignorato, rischiamo tutti di accantonare. Lo stesso articolo del Sole ricorda che c’è un esigenza di giustizia e cita il grande poeta Poliziano. Alla fine nella recensione si scrive che bisogna svegliarsi ma non si indicano i criteri. Resta nel libro di Cacciari e Irti il dramma di un individuo non rassicurato dai “soccorrevoli dualismi del passato (legittimità e legalità, giustizia e legalità, diritto naturale e diritto positivo)”, dentro un nichilismo giuridico o “politeismo” che “può anche travolgerlo e schiacciarlo”. Interessante notare che Natalino Irti, dopo aver teorizzato il nichilismo giuridico, in alcuni articoli sul Sole 24 ore nel 2022 ha ripreso in mano la necessità di dare sostanza alle leggi con esigenze spirituali e radici culturali

Alcuni  giuristi come Capograssi, Carnelutti,

Calamandrei, Cotta, l‘antropologo Girard, quest’ultimo dal 2018 entrato nella collana dei classici del diritto, possono ancora  ricordare possibili criteri. Forse, al di là di ogni autorevolezza non  sono tanto loro a fare la differenza ma uno  spirito che converge e li attraversa,  accolto  nei loro scritti, quello che prima di chiedersi cosa gli spetta si chiede cosa lui  può dare, vera  Giustizia (in due parole una definizione che sintetizza e sviluppa il pensiero di Jean Guitton e Giuseppe Capograssi, una giustizia che segua la Giustizia divina mostrata sulla croce come compimento nell’amore fino alla fine). Sottolineò questa inversione un famoso discorso di J.F.K.: “non chiederti che cosa  il tuo paese (n.d.a. la Giustizia) può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo paese”(n.d.a: per la giustizia). Sotto le immagini. Anche i greci si erano accorti di questa necessità come sottolinea al termine di questo video(al minuto 20) https://www.youtube.com/watch?v=uMCA93G5r80&t=432s  il giurista costituzionalista e formatore Mauro Scardovelli. Contro l’hybris (l’arroganza) serve aidos (umiltà) e dike, la giustizia intesa da Scardovelli nel modo  a cui siamo sopra idealmente arrivati. Qui in un altro  importante video pedagogico Scardovelli critica il nichilismo giuridico: link al minuto 8 e 40

Forse sarebbe ancora  da scrivere anche l’elogio di quei giuristi (o semplici difensori) di buona volontà i quali, pur nella loro fallibilità  e inconsapevolezza, quando compiono, concretamente, nel quasi completo anonimato, anche nella professione, alcune  buone azioni pratiche,  realizzano e tutelano  fondamenta che poi, spesso, si dimenticano. Quando, a differenza di quello che  generalmente succede,  un difensore riconosce, per  alcuni aspetti, in una persona assistita la vittima innocente, impotente, nella sua fragilità, meritevole di tutela, e, nonostante  le comuni fragilità, quando è il caso, persevera nella tutela, nonostante le sue incertezze, le difficoltà (e il metodo che applica per la sua salvaguardia), si crea una difesa eccezionale, uno   stato di eccezione. Allora  si può realizzare, anche secondo la definizione di Carl Schmitt, anche nel difensore illuminato e resistente, nel suo sforzo anche al di là della diligenza necessaria (comunque imposta dalle riflessioni di Mengoni a riguardo, poi assorbite dalla Cassazione)   la  sovranità, anche a livello personale.  Consapevolmente o meno, chi  difende la vittima lottando nella fatica e contro il mainstream, allora è animato dallo  spirito di chi  non era un re di questo mondo, di chi, spiritualmente, lo domina con un’altra sovranità. Sul piano teologico e politico forse allora svolgere  in questo modo il proprio mestiere non è solo dare a Cesare quello che è di Cesare ma anche molto di più, in un percorso  finora a tratti solo occasionalmente annunciato, anche da Capograssi. Si avvicina senza volerlo a quella vittima che nella sua innocenza è portavoce di  novità assoluta, inconcepibile e inimmaginabile prima del cristianesimo. E si può accostare come ha fatto Carnelutti nella fase finale della sua vita

Arriva anche la sua costruttiva verità indicata da Hannah Arendt: il perdono, dalla croce verso  i suoi carnefici.

 I limiti e le circostanze che materialmente si pongono nell’esercizio della difesa indicano che bisogna non credere all’onnipotenza del visibile, c’è l’Habeas corpus ma ci sono anche le potenzialità antropologiche del Corpus Domini.  Peraltro gli aspetti negativi sono spesso ingigantiti dalle limitate forze umane, dalla divisione  e dall’invidia

*Antonio Rosmini constatava  che “la giustizia violata brilla di una luce insolita”. E delineava la possibile natura di quella luce:  “la Giustizia è l’ordine dell’Essere”. Sono 2 frasi potenti di  incalcolabili potenzialità alla luce dell’ultima antropologia a cavallo tra il secondo e terzo millennio, antropologia  che rende più concreta la natura dell’Essere, prossimo alla pietra scartata.

** la legge o lo spirito delle leggi

Uno spezzone del discorso di Kennedy del 2O gennaio 1961:

giorni: 25 novembre, giorno di difesa della donna, quando nel Vangelo si cerca una giustizia più grande di quella di scribi e farisei (“se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”Mt. 5,20), 1 luglio ( memoria di Antonio Rosmini)

stato articolo: work in progress