Nel Rinascimento il grande pittore Veronese mostra il possibile rifiorire della civiltà nel cristianesimo, con una nuova autorità, di cui il nuovo vino è un segno
Concorda con questa idea, in numerosi saggi, anche Giuseppe Capograssi:
“Una semplice idea profondamente mutata basta ad operare una cosi totale trasfigurazione. È l’idea di autorità. Sopra di essa l’antichità aveva poggiato tutte le sue costruzioni, e ad essa come ad una rupe aveva legato l’indomabile irrequietezza delle passioni individuali e dei capricci collettivi. L’autorità era il poderoso diritto di tenere sottomessi con la potestà del gladio nella famiglia moglie, figli e servi, nella città e nell’orbe popolo e genti: un diritto che aveva il suo scopo in sè stesso ed esauriva la sua funzione con l’esercitarsi senza tregua e senza limiti. La dottrina cristiana lo trasforma semplicemente in dovere. Chi ha l’autorità l’ha non per adempiere scopi propri ma per adempiere lo scopo della legge nuova, l’assoluto bene dell’altro: il bene di colui su cui l’autorità si esercita è il fine, la ragione, la giustificazione dell’autorità, la quale perde cosi la sua autonomia e si confonde col bene stesso, diventa la realizzazione del bene. Dominare vale realmente servire, ed obbedire significa realmente elevarsi. Ma veramente con la nuova dottrina nessuno più serve. Cristo tornando al Cielo captivam duxit captivitatem. L’Evangelio fu l’editto di liberazione. Chi serve, serve a Dio travagliando al compimento del bene obiettivo, e questo non è servire è anzi un compire il sacramento del divino volere che S. Paolo annunzia instaurare omnia in Christo e perciò è veramente libertà. Ubi spiritus Domini ibi libertas”( G.Capograssi in La rivoluzione cristiana)
Si dirà che Capograssi si appoggia a opinabili elementi teologici. Senza dubbio alla fine ci sono ma certe idee (autorità, dovere, l’uomo nuovo e libertà) hanno una rilevanza anche antropologica. E il bene comune è ormai fine ideale di tutti gli Stati. Certo la storia è ancora lontana dal realizzare un tale obiettivo, una politica al servizio del bene comune. Infatti il potere ha dinamiche diverse, autoreferenziali, avare. Tuttavia questa idea del dovere di realizzare il bene, spesso strumentalizzata, resta l’ultimo resistente fondamento dello Stato e del diritto.
E tutti, nel cuore delle nozze di Cana, possono trovare una fonte di speranza. Così commenta uno studioso californiano la differenza cristiana: “Per quanto possa essere considerata limitante la qualità del dio che si pensa adorino i cristiani, per quanto irritante e politicamente scorretto sia questo dio, il Dio rivelato da Cristo e dal suo culto è un Dio che cambia l’acqua in vino, la violenza in sofferenza e (cfr. le Beatitudini) la sofferenza in gioia… quel Dio che ungerà il capo chinato e il cuore contrito con l’olio di letizia è il Dio che ha salvato il mondo pagano dalla disperazione” (Gil Bailie).
Qui un buon commento teologico di Don Fabio Rosini che sottolinea il realismo e l’umiltà di chi innesca il miracolo. L’insegnamento vale anche per ogni difensore: realismo e umiltà sono tra le condizioni di giustizia del suo lavoro. Due particolari del dipinto insegnano altre due particolarità. Il servo constata il miracolo, quindi il servizio operoso può sempre far trovare qualcosa di nuovo nella professione. La novità cristiana ha come effetti una nuova civiltà e una nuova autorità, una nuova speranza ma per realizzarsi non solo tende ad eliminare la violenza contro gli altri ma, come ha rilevato il filosofo Giuseppe Fornari, rivisita il sacrificio antico rovesciandolo di significato. Una persona che serve agli altri entra nel meccanismo del sacrificio assumendolo su di sè per amare e quindi servire gli altri. Anche per questo, nel dipinto di Veronese, il perplesso raffinato degustatore, estraneo al sacrificio, constata il vino nuovo ma senza accorgersi del miracolo, senza una particolare riconoscenza. Il gusto del giusto servizio lo trova chi solleva la giara (nella quale un tempo si compivano gli antichi sacrifici). Il servo diventa consapevole della potenza benefica del sacrificio e la accetta. Difficilmente ci sarà gratitudine nel perplesso degustatore. Ma il servo trova nel servizio, nella dinamica a cui partecipa, nel sacrificio, la sua ricompensa.