Possibilità

1 come accettare i limiti dei comportamenti umani:

l’idea del grande giurista Francesco Carnelutti, l’arte di Fontana e Leonardo

(agg. 27.9.2023)

Chi è:

Francesco Carnelutti (1879-1965) è considerato uno dei più autorevoli giuristi ed avvocati del Novecento. Ha pubblicato opere molto importanti nel diritto civile e processuale. È stato con Giuseppe Capograssi uno dei fondatori dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani. Ha scritto libri di filosofia e spiritualità. Sto leggendo(a settembre 2019)  Il sole sorge al tramonto: semplice affascinante e avvolgente  meditazione sull’Essenziale oggi innominabile: la morte. Alla fine della sua esistenza ha fatto il bilancio della sua vita professionale in Vita di  avvocato. Sotto una sua  citazione che poi  si  commenta

 

LA “PARTE” CHE LIBERA

Noi usiamo chiamar parti i nostri clienti e, per quanto purtroppo gli uomini pongano scarsa attenzione alle parole, non possiamo non riconoscere i loro limiti, ma proprio la contraddizione  alla quale siamo soggetti senza tregua, ci vieta l’illusione di essere diversi da loro: siamo parti anche noi, limitati, esposti continuamente al pericolo e all’errore… non è tutto ma è già molto che l’avvocatura serva a mortificare l’orgoglio nell’anima dell’uomo. E’ il principio di una liberazione (F. Carnelutti in Vita di avvocato)

Il grande scrittore ci porta una riflessione sul significato di una parola che diamo per scontata: la parola “parte” è il contrario del tutto. Questo ci rende comprensivi della persona che viene assistita e con umiltà non possiamo pensare che nei comportamenti per alcuni aspetti non siamo diversi da loro: parziali, limitati. Se l’orgoglio porta anche il male, talvolta anche ad avere una grande fortuna consumata talvolta nel peggiore dei modi, l’umiltà che riconosce  i propri limiti può aprire nuove vie, liberare dal peso della propria immagine.Uno degli artisti contemporanei più creativi, Lucio Fontana, l’autore delle opere d’arte con il taglio della tela scriveva infatti ad un altro artista: “E ricordati di essere umile, molto umile, nel “tempo” siamo nulla”*.

Possiamo darci un taglio all’idea di essere migliori degli altri, meglio riconoscere le specialità nei comportamenti di ogni persona, specie quelle propositive, anche per collaborare tra colleghi.

Carnelutti, giurista, scrittore, filosofo, teologo, uomo esiliato ma infaticabilmente operoso anche nel volontariato non era comunque insulsamente arrendevole: pretendeva, se possibile, di essere pagato: è celebre l’episodio di un imprenditore  che gli strappò una consulenza durante un viaggio in auto insieme a lui. Poi arrivò all’imprenditore puntuale la fattura di Carnelutti. Scriveva  una grande donna del Seicento, la sorella del famoso Blaise  Pascal: “Il nostro primo dovere è l’umiltà, ma l’umiltà senza fermezza è debolezza, e il coraggio senza umiltà è presunzione”. (J. Pascal). Per una ferma umiltà. Capace di approfondire le relazioni con le persone e di dare compimento alla propria  opera

Noi mettiamo l’orgoglio dappertutto, come il sale. – Quando si amano le croci, non se ne ha mai, ma, quando si respingono, vi si rimane schiacciati.  L’umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall’altra (Giovanni Maria Vianney

*Peraltro sul nulla ha scritto pagine molto importanti Leonardo da Vinci ben commentato da Giuseppe Fornari nel libro La bellezza e il nulla: è un processo sofferto ma  creativo che determina il trascendente Essere del nulla raffigurabile nel punto che si disegna per indicarlo ma non dovrebbe occupare spazio. Sottolinea le valenze del nulla  nelle relazioni tra le persone anche S. Paolo: farsi nulla per dare spazio ad una relazione propositiva con persone con cui ci sembra di non avere “nulla” in comune (1 Corinzi 9,19-23). Peraltro lo stesso Fornari, nel libro Mito, tragedia e filosofia che ricapitola le sue ricerche, individua nel violento annientamento subìto da una “collettività adescata” uno dei momenti decisivi della storia umana, forse la genesi e il passaggio dalla bestia all’uomo. Questa consapevolezza potrebbe farci riconsiderare le potenzialità di certi momenti faticosi in cui si devono subire inevitabili, maltrattamenti,  anche distruttivi. E questi comportamenti possono essere meglio sopportati se si considera che possono essere sorgenti di creatività,  il punto di vista dell’altro con la sua ferita,  il possibile realizzarsi, dentro questi momenti impegnativi, nella resistenza,  dei nostri obiettivi. Ferita come crepa o feritoia  da cui entra la luce come nella descrizione del Natale di Chesterton, come nella canzone Vincerò di Annalisa

 

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