Articoli, Possibilità

56. Trovare la forza per sostenere una difesa problematica:

vedere oltre: dall’arte di Michelangelo al protonotaio Gaetano

Come costruire l’amicizia con l’assistito,  il suggerimento di Carnelutti

(aggiornamento  13 gennaio  2023)

Come avvocati abbiamo la possibilità di scegliere chi difendere. A tal fine possiamo usare anche  un certo metodo,  consapevoli che le circostanze impongono una continuo assestamento del metodo, ma, volendo, possiamo resistere nella direzione. Una volta deciso di sostenere una persona c’è comunque il problema di valutare la continuità del rapporto, specie quando ci sono oggettive difficoltà di comunicazione. Ci sono dei rischi, e se l’assicurazione professionale li copre la stessa non dà l‘efficacia  per  migliorare la comunicazione. Se il cliente si preoccupa del legale ha vari modi per motivarlo  ma qualche volta non basta. Come fare in modo allora che lavorare sopra quella vertenza non ci porti, “a pelle”, una insofferenza pesante ma riesca a alimentarsi delle nostre migliori energie, della nostra esperienza e dei nostri talenti?

Vediamo nell’arte se qualcuno può darci un aiuto.  Troviamo un suggerimento interessante nella grande arte italiana del Rinascimento, addirittura  Michelangelo ce lo ricorda: in certi casi anche lì sembra una questione di pelle.  Nel suo Giudizio Universale ci presenta una  strana pelle vuota.

Nell’immagine c’è un particolare del Giudizio Universale di Michelangelo: San Bartolomeo regge  nelle mani lo strumento e l’oggetto del proprio martirio: il coltello e la sua  pelle.  San Bartolomeo è stato scorticato. Il volto rappresentato nella pelle  non è quello del Santo ma è l’autoritratto dello  stesso Michelangelo (l’identificazione è stata scoperta dal medico e letterato calabrese Francesco la Cava).  Secondo alcuni storici dell’arte  Michelangelo vuole sottolineare che anche lui nella vita ha vissuto esperienze di abbandono e di martirio, infatti Michelangelo ha sofferto, tra l’altro, della prematura morte della madre, che è deceduta quando lui era ancora bambino.  Il vuoto della mancanza di amore materno lo accompagnerà per tutta la vita.

Anche noi nelle relazioni professionali incontriamo persone ferite, in lite con altre, con il loro “martirio”. La ferita si manifesta spesso in sfoghi ingiustificati in cui la lite è solo il punto in cui emerge una persona che si sente esposta, una tensione interiore, un dramma  non ancora risolto. Vedere  la ferita, vedere, per certi aspetti la vittima,  può aiutarci a scegliere il miglior  atteggiamento  nei loro confronti.  Alla inimicizia vissuta da loro, dentro le loro relazioni personali, può rispondere, come bilanciamento, la nostra amicizia.

Lo scrive magistralmente Carnelutti. Di inimicizia e amicizia scrive  Francesco Carnelutti nel terzo  capitolo del suo libro Vita di avvocato (non più riedito ma qui leggibile)   spiega l’insidioso solco relazionale tra le persone nel quale si inserisce il seme professionale dell’avvocato…

Per questo, per cercare di dialogare meglio con l’assistito,  forse prima è opportuno  cercare di comprendere il suo  dramma “da amico”, oltre che “da professionista”.  Bisogna metterlo al centro, con sensibilità per il dramma dell’altro, con un altro spirito. Così  la persona che non si sente sola nel suo dramma ma compresa e sostenuta può forse migliorare il modo con cui si relaziona al legale. E così  anche la nostra “missione”  può successivamente diventare più leggera e volgere in modo costruttivo verso una soluzione. Così  l’avvocato che riconosce la ferita nell’assistito può meglio sostenere la difficile relazione interpersonale. Carnelutti nel successivo capitolo scriverà della doverosa “capacità unitiva dell’avvocato”(in Vita di avvocato p.26) qui cerchiamo di motivarla

Un aiuto per vedere oltre e quindi il vero volto delle persone  può arrivare anche da un protonotaio del Rinascimento alla corte papale di Giulio II. Gaetano da Thiene, nobile ecclesiastico, durante una messa cui assisteva ha una visione di Maria con il bambino. Allora  vista la situazione generale della Chiesa di quel tempo pensò di rinnovarla con il suo impegno personale:  facendo un passo indietro rinuncia ruolo di protonotaio e, come semplice sacerdote,  aiutando i poveri, con altri due amici, fonda l’ordine dei teatrini.

La raffigurazione di Gaetano nella veste di nobile protonotaio e di semplice sacerdote si trova a due passi dal mio studio in Arzignano (Vicenza). Nell’antico capitello il cui ultimo restauro risale al 2012 c’è una statua donata dall’arciprete Rizzetti negli anni Quaranta che raffigura Gaetano con in braccio il Bambino Gesù. Nella pala mentre fino al 2010 si pensava vi fosse un superiore dei teatini(l’ordine fondato da Gaetano). Poi si è identificata  anche grazie alla pelliccia il  possibile carattere differenziale dei nobili  protonotenutoai che come Gaetano scrivevano le lettere al Papa. Si sono allora confrontate  la fisionomia della persona che indossa la pelliccia con tutti gli altri ritratti di Gaetano da Thiene, anche fatti da Tiepolo.  Con l’avallo di uno degli ultimi teatini presenti a Vicenza, si è potuto concludere per l‘identificazione con S. Gaetano da Thiene.   

Nel capitello si registra tutta la storia del santo: la fase del protonotaio a sinistra, la visione della Vergine (lo sguardo rivolto in avanti può essere l’effetto di uno dei numerosi restauri) al centro e infine la statua di Gaetano con la sobria veste sacerdotale che richiama il suo impegno tra i poveri.  Dopo la visione di Maria con il bambino è come se Gaetano lo prendesse tra le braccia dalla  Vergine. Gaetano si muove verso l’essenziale. Interessante come nel dipinto di Tiepolo la trasmissione avvenga mediante S.Giuseppe.

Una frase riassume l’impegno di Gaetano:”Non pensate a voi stessi, ma per amore di Gesù Cristo, dimenticate completamente voi stessi e cercate nel vostro prossimo, solo il volto di Gesù crocifisso”.

Direbbe il giurista costituzionalista Scardovelli che si tratta di vedere nelle persone non solo l’ego tirannico, talvolta pieno di rabbia, ma anche la loro anima, il bambino ferito,  riconoscerlo  e soccorrerlo. Non si è ai margini del diritto ma nel suo centro:

Applicazioni: vedere le ferite nelle persone, avviarle a processi di guarigione, non fomentando l’odio può aiutare a comprendere l’assistito. Resta il problema su come l’avvocato possa a sua volta  l’avvocato sentirsi compreso. In un altro post, prossimamente

giorni:  13 gennaio, in ricordo della conferenza sulla Giustizia in Michelangelo svolta il 13 gennaio 2012a Vicenza presso l’Ordine degli avvocati a  Palazzo Gualdo. La conferenza fu resa possibile  grazie anche alla sensibilità dell’avv. Paola Mai in Meneghini che ci ha lasciato  troppo presto il 12 gennaio 2024. Paola   riconobbe nella mia passione  per l’arte e  nelle referenze del prof. Giuseppe Fornari  allora insegnante all’università di Bergamo che le presentavo una possibilità  per tutti di allargare la visione, il fondamento di ogni visione, anche per  gli avvocati. Quel fondamento, per una singolare  coincidenza, è stato oggetto dell’omelia di un sacerdote di Vicenza al funerale di Paola: lo spirito decisivo  nella tradizione cristiana è parakleitos  cioè difensore, consolatore e Giustizia. Anima lo spirito delle leggi giuste e  può rianimare lo Spirito delle leggi che altrimenti rischia di soccombere all’onnipotenza  del mercato. 

Ne seguirono altre fino al 2019. La conferenza su Raffaello prevista per il 2020 non potè svolgersi perché era arrivata la pandemia ma confidiamo possa essere svolta nel 2024.

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