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54. Nella confusione cercare la verità (n.1):

le vie dei giuristi Carnelutti e Capograssi, dei  filosofi Aristotele  Tommaso e  Fornari, tra Nietzsche e Girard

 

Quid est veritas? Est vir qui adest (anagramma che alcuni riferiscono  a S.Agostino)

 

(agg. 28 gennaio  2023)

Davanti alla confusione e alla società liquida aiuta cercare un  orientamento e un fondamento in elementi che sono concausa della nostra presenza, resistono nel tempo e hanno una carica di novità che li continua a sviluppare. La verità è sempre stato un fondamento importante che ci sostiene. Da un po’ di tempo certi ideali condivisi sono, diventati bersagli… e una parolina come la verità, vassoio e colonna costitutiva di valori indefettibili, con la scusa dell’immancabile, umana ipocrisia, ha perso, quasi dappertutto, il suo splendore… Solo qualche profondo scrittore ha rilevato che  dà slancio e senso di compiutezza perché ne consegue  un appagamento particolare: “la verità è il piacere dell’intelligenza”(Gomez Dàvila) . Ma oggi viene messa in discussione perché vengono utilizzate superficialmente due espressioni di Nietzsche. La prima è  “non ci sono fatti ma solo interpretazioni”.  La seconda è: “Dio è morto”. 

Per esaminare il tema della verità il grande giurista Carnelutti nel suo libro Figure del Vangelo ha esaminato la figura del procuratore romano Ponzio Pilato. 

 

Secondo Francesco Carnelutti Pilato non è arrivato fino in fondo, ha intuito la verità ma aveva paura e ha ceduto alla folla. Temeva la folla, pensava che la ferocia della flagellazione bastasse. Ma davanti al fatto che non era bastata ha cercato la via della concessione della grazia. Non è bastata perché la folla ha scelto Barabba. Pilato ha temuto ancora  la perdita del potere  ed è rimasto cieco ed inerte verso  chi gli stava davanti.

 

Carnelutti richiama S. Tommaso e Aristotele: la verità è l’adeguamento dell’intelletto alla cosa. Poi  ricorda anche il filosofo Heidegger: la verità è l’essere della cosa. E  constata la cecità di Pilato e di tutti noi che non vediamo il Cristo quando ci sta davanti. La verità infatti, secondo Carnelutti, è il Cristo.

Oggi l’autorevolezza di Carnelutti non ci basta più. Qui molti relativisti potrebbero dire che questo vale solo per  Carnelutti ma per altri la verità è l’incontro con un’altra persona: un leader dell’economia, uno della moda, un cantante, un influencer.  Interessante l’anagramma della domanda di Pilato, in  latino quid est veritas? Est vir qui adest. La verità è l’uomo che sta davanti. I relativisti diranno che è una casualità e potrebbe essere qualsiasi altra persona interessante  che ci sta davanti. Ci si adegua ad altri affascinanti modelli e essere è esserci, sulla cresta dell’onda. Bisogna allora vedere  se ancora Cristo è la verità? Mi sembra sia interessante notare che qualcuno potrebbe essere la verità se le vicende della sua persona contengono un racconto vero che svela la falsità degli altri racconti.  Renè Girard analizza  vari miti e rileva che la  tradizione giudaico cristiana, la  Passione di Cristo, rivela l’altra faccia dei miti: per certi aspetti i miti sono il modo in cui l’autore del racconto copre una pluralità di carnefici che si accaniscono contro una vittima innocente. Nella Passione di Cristo come in altri racconti della tradizione giudaico cristiana c’è un fatto vero che viene evidenziato a partire dal soggetto più martoriato e svela le false accuse e coperture dei carnefici. “Lo conferma anche Nietzsche nella seconda parte del suo scritto sulla morte di Dio. Afferma “Dio  è morto”. Aggiunge infatti: “Siamo noi che l’abbiamo ucciso”. Esiste un fatto, esiste la vittima. E lo riconosce anche Nietzsche quando fa il confronto tra il mito, il racconto fantastico di Dioniso ucciso dai titani e le narrazioni evangeliche veritiere su Cristo crocifisso sotto la pressione della folla dalla autorità ebraiche e romane : “Dioniso contro il “Crocifisso”: eccovi l’antitesi. Non è una differenza in base al martirio – solo esso ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento… Nell’altro caso il dolore, il “Crocifisso in quanto innocente” valgono come obiezione contro questa vita, come formula della sua condanna”.  Anche Dioniso nel mito è stato ucciso dai titani ma ” il racconto orfico di Dioniso sbranato dai Titani ha come protagonisti tutti personaggi mitici, mentre la Passione dei Vangeli si presenta come preciso evento storico e umano”.

E questa verità della vittima innocente va a minare tutte le credenze mitiche. Carnelutti (nel suo libro Figure del Vangelo) sfiora questa verità quando rileva che il centurione miracolato da Gesù sapeva di essere un sottoposto, un soggetto, “(da sub-iacere) uno che sta sotto, non uno che sta sopra. Ma ha un’idea trascendente a priori di Gesù che non ci aiuta oggi a ragionare, non vede che oltre al centurione il soggetto, il sottoposto ai molteplici attacchi della folla (da cui in certe occasioni sfugge abilmente) è Gesù. E nonostante questi continui attacchi, proprio dentro questi attacchi,  un messaggio nuovo e vero ci viene incontro: la vittima innocente

Qui, nell’innocente,  riprende allora  forza un’altra frase di Nietzsche che invita ad una fede nella verità, forse più… vera:

Conclude Girard nel suo libro sintesi:

“Se la Croce demistifica l’intera mitologia… se essa ci libera dalle illusioni che si protraggono all’infinito nelle nostre filosofie e nelle nostre scienze sociali, questo significa che non possiamo farne a meno. Anziché essere definitivamente superata e archiviata, la religione della Croce, nella sua completezza, è davvero quella perla preziosa il cui acquisto più che mai giustifica il sacrificio di tutto ciò che possediamo”1

1 Matteo 13, 45-46 [N. d. T.].

Il prof. Giuseppe Fornari,  mostra che la verità della vittima non è la sola verità e il   principio vale non per far tabula rasa del resto (come rischiano di fare i girardiani) ma per ridare alla realtà umana anche il suo riconoscimento, un fondamento, un ulteriore nuovo significato che non è  solo critica ma anche una spiegazione storica ed una sua accettazione (anche delle potenzialità del mito)  con sviluppi continuamente in atto, il cui esito è incalcolabile.

La verità non è un disvelamento che distrugge il mistero bensì una rivelazione che gli rende giustizia (W. Benjamin)

Anche il giurista Capograssi a partire dall’analisi di “tutti gli esseri  che lavorano, travagliano, forse soffrono, soffrono per arrivare a vivere, per vivere secondo la legge…Tutti questi mondi girano attorno a un centro: Un centro, il Centro, un Punto che è il Punto di Dante… a  cui aspira l’uomo. Vuole l’amore”( lettera del 28 gennaio 1923).

Sarà ancora  il prof. Fornari in particolare nei suo primo libro su Leonardo da Vinci a spiegare la vera dinamica antropologica che corrisponde al punto.

Conseguenze applicative: nell’assistere le persone la verità implica che si cerchi di capire dove sia la vittima (forse è questo uno dei primi volti comprensibili della Grazia, la grazia di vedere la vittima, di vedere il suo volto bloccato e impotente, consapevoli del rischio del vittimismo).

Sul piano del giudizio, dopo Nietzsche e prima di Girard,  in campo giuridico Piero Calamandrei ha compreso l’essenzialità del crocifisso come criterio di giudizio, per evitare il rischio di condannare un innocente

La responsabilità di giudicare: un inatteso, criterio difeso dal grande giurista Calamandrei

 

Giorni: Presentazione al Tempio e giorni in cui si afferma l’esistenza della Verità o la si nega, 28 gennaio S. Tommaso d’Aquino… 11 luglio uccisione di Giorgio Ambrosoli

stato: bozza

(1 continua) qui il seguito:

Nella confusione applicando la Verità (n.2):