Riconoscere e vivere esperienze di significato, anche dentro la crisi (1a parte)
Staccarsi per poi attaccarsi (Teilhard De Chardin)
1 Le possibilità di una Tradizione: la novità eccezionale del rovesciamento della crisi, illustrata dall’arte
(Aggiornamento 28 maggio 2022) il 24 maggio 2020 la Tradizione ricordava la festa dell’Ascensione e di Maria Ausiliatrice. Le due feste erano nel 2020 contemporanee e in questo tempo di crisi abbiamo bisogno di riflettere insieme su questi due misteri. Anche nel 2022 le due feste sono staccate di pochi giorni. Nell’Ascensione Gesù, dopo aver compiuto la sua missione appare per l’ultima volta ai discepoli e si affida agli stessi e a Maria la missione di continuare la presenza viva di Dio tra gli uomini. Il mistero di Maria Ausiliatrice ricorda lo speciale intervento della Vergine verso i fedeli che chiedono il suo aiuto. Sembrano misteri sempre più lontani e difficili da credere, specie per chi è inondato da faticose esperienze che gli richiedono di assecondare bisogni sempre più pressanti e secondo lo spirito del tempo. Più facile credere, nei loro movimenti verso un cielo materiale o inconsistente, ai missili di Elon Musk e alle/agli influencer. Eppure questi misteri di distacco e missione (l’ascensione) e della presenza di Maria in soccorso (nella fede accogliente la Parola, nel dono delle apparizioni e del suo misterioso intervento) possono essere per tutti una resistente fonte e di significato e di aiuto, anche per ridare significato allo slancio di esperienze concrete, anche quando questo sembra esaurito. A partire dall’arte possiamo incontrare questi misteri come fosse la prima volta: “l’arte non è mai finita ma solo abbandonata”(Leonardo da Vinci). L’infinito torna ad essere avvertibile.
L’importanza dell’arte è stata ribadita sia dall’avv. Francesco Carnelutti che ha rilevato nell’arte se non la prova almeno l’indizio della sopravvivenza umana nel tempo, sia da Giuseppe Capograssi che ne ha poeticamente fissata la potenza:
Questo dirigere la propria azione, questo dirigere la propria vita al vero al bello
al giusto al santo, non è se non vedere le cose della vita nel loro profondo significato, nella loro profonda essenza come se fossero viste da un’intelligenza infinita, come se fossero vissute in spirito e verità, una specie di vita eterna intravista sovrapposta alla vita presente. C’è nel godimento dello scienziato del pensatore del poeta dell’artista, di colui che contempla con animo intento la loro opera, cioè nel loro rapimento «come a nessuno toccasse altro la mente», una vita che è riuscita in un certo modo ad affrancarsi dalle condizioni della vita presente, una specie di vita eterna una specie
di vita in cui l’individuo vuole veramente l’infinito, in una vita, di una umanità, in un
universo nel quale i limiti stessi sono il gioco il lieto gioco dell’infinito. Nella pittura, nella grande pittura questa trasfigurazione della vita appare sensibilmente; nella musica il navigare in un mare infinito, l’animo preso in desideri infiniti, come dice
Leopardi, sono cose osservate da tanti, e soprattutto da poeti, ed artisti: soprattutto sono cose che si sperimentano (Giuseppe Capograssi in Introduzione alla vita etica, in La vita etica, Bompiani, Milano 2008, pp. 155 – 156)
Qui l’opera del grande artista contemporaneo Salvador Dalì: L’ Ascensione
“Dipinge il Cristo nell’atto stesso del suo ascendere. Sopra si apre un sole di luce gialla Il sole ha il cuore di grani che ricorda l’interno del girasole o un alveare pieno di miele. Il girasole per il suo ruotare attorno al sole, assumendone quasi le stesse caratteristiche (nel colore e nella corolla), è un simbolo e quindi un invito all’adorazione”. Al miele invece, anticamente, era attribuito un potere di rigenerazione ed è, quindi, simbolo di quell’eternità che accoglie Cristo. Il miele si associa anche agli antichi violenti sacrifici pagani (quando le persone si coalizzano contro la vittima sacrificata) poi attraversati e rovesciati da Cristo nell’amore (con Gesù la vittima si offre per tutti). Come sembra suggerire questo video:
Il momento della massima crisi si può trasformare in rinascita, qualcuno, come lo ha illustrato Leonardo da Vinci, ha attraversato le violenza riempiendola d’amore.
2 L’esperienza concreta è vissuta e illustrata da Dalì
Questa esperienza di violenza superata si ripete in Dalì: “Dalì rimase oltremodo scosso dagli eventi della seconda guerra mondiale culminati nell’esplosione della bomba atomica e fu proprio a partire da quell’evento che si avvicinò alla fede cristiana frequentando in particolare i padri carmelitani. Agli anni 50 del 1900 risalgono, infatti, molte opere religiose dell’artista.
Cristo ascende al cielo quasi con lo stesso dinamismo cosmico della bomba di Hiroshima, un dinamismo questa volta positivo e non distruttivo. A differenza di Duda Gracz, per Dalì Cristo, benché mantenga la posizione del crocefisso, non ha piaghe poiché nella sua ascesa, ciò che lo regge è ormai l’amore assoluto (l’adorazione) per il Padre. Lo sguardo di Cristo è rivolto verso il Padre e lo Spirito Santo che sono confinati là nei cieli del Cieli. Del Padre non si vede che la luce cangiante, ben diversa da quella del sole, mentre dello Spirito si vede bene la colomba” (dal sito Fede e cultura).
C’è nell’ascensione di Dalì anche la dimensione del duplice distacco di Gesù Crocifisso: dalla terra nella interpretazione letterale dei Vangeli, il distacco dai discepoli è quello che implica l’amore per lasciare liberi i discepoli di seguirlo non come schiavi ma come persone capaci di mettersi liberamente in sintonia con Colui che amano, con il suo Spirito.
Materialmente c’è anche nella storia cristiana e nel quadro di Dalì il distacco dalla croce del Cristo prima deposto e poi risorto.La stessa croce passerà ai discepoli a partire da Pietro. L’Ascensione è infatti lo sviluppo, visto dal basso, della crocifissione dello stesso Dalì che mostrava una visione dall’alto. Gesù sulla croce ha realizzato in parte la sua missione poi completata misteriosamente nella resurrezione.
L’immagine dell’ascensione continua anche quella della resurrezione (qui l’immagine è elaborata da Dalì sopra un disegno di Michelangelo per il Giudizio Universale). Mostra lo stacco dalla terra al cielo. Al momento dell’Ascensione la missione di Gesù è stata raggiunta, è entrato nella dimensione del Padre e si mostra ancora, per l’ultima volta ai discepoli. Il Vangelo evidenzia come Gesù si stacchi nell’apparizione dalla condizione dagli altri (che costituiscono anche la croce) e entra in una nuova sfera dell’esistenza, dopo l’accettazione e nel superamento delle croci che ha incontrato (anche Dalì) nella sua vita. Ma, secondo gli ultimi studi a riguardo, l’ascensione forse non è un’ulteriore aggiunta miracolistica ma la possibile ultima apparizione di Gesù risorto, compimento di un’esperienza terrena, come ha fatto Dalì nella pittura, culminata in qualcosa di infinito, l’entrata in una dimensione diversa dell’esistenza. Tutto è compiuto e l’infinito torna da dove era venuto. Ma non c’è solo la realizzazione di una missione di una persona. Nel racconto dell’Ascensione l’esperienza cristiana si trasmette e si pone, oggi come allora, il problema di come sia possibile. Lo vedremo in un altro articolo.
Applicazioni ai giuristi e non: forse, mediante le esperienze vissute e illustrate dai grandi artisti, come Dalì e Leonardo, che si confrontano sulla tela e nella vita con il messaggio cristiano, ci si può riappropriare nell’antropologia del messaggio della Tradizione giudaico cristiano per dare una resistenza, senso e vita a esperienze giuridiche che sembrano essere inaridite possono essere riempite di significato. Si creda o no c’è questa esperienza eccezionale di significato che come una luce si è estesa nella storia dentro i limiti umani. Siamo gli ultimi a ricevere questa luce. Anche l’esperienza giuridica ne riceve una particolare illuminazione anche se pochissimi ne conoscono l’intreccio.
Ne hanno fatto tesoro nella loro vita grandi giuristi credenti come Carnelutti, Capograssi, Satta (sopra con la moglie), Cotta e Mengoni (insieme al Papa) ma anche non credenti come Calamandrei. La più moderna antropologia ha chiarito che ci sono elementi comuni. C’è una terminologia comune tra la terminologia giuridica nei suoi termini fondamentali e la terminologia dell’esperienza giudaico-cristiana: c’è la vittima (l’ostia) da difendere, c’è il parakleitos (l’avvocato) che la difende, c’è Satana, accusatore e calunniatore, un dinamismo di vendetta. C’è il martire che secondo la parole greca martyr è il testimone, c’è l’ira cioè l’attesa della sentenza. E coincidono fondamentalmente le dinamiche corrispondenti. Questa convergenza non dimostra la verità del cristianesimo ma spiega come prima dei fenomeni giuridici ci siano state delle dinamiche religiose che hanno contribuito a far nascere i nostri ragionamenti e possono ancora restituire loro un significato profondo e darci la fiducia di non essere soli nei momenti difficili. Qualche simbolo trova anche sorprendenti corrispondenze con il nostro linguaggio: c’è anche nell’esperienza giuridica la croce delle scadenze e, per chi si avventura nel processo, c’è la croce del rischio di una duplice sconfitta giudiziale sul piano dei contenuti e delle spese processuali. Questa angoscia richiama, in forma incruenta e infinitamente meno drammatica, varie forme di agonia, come quella vissuta da Gesù nel Getsemani.
Il parallelo con la Passione di Cristo può comunque aiutare a sopportare meglio le situazioni giuridiche come ha insegnato il giurista Carl Schmitt. C’è quindi un vero patrimonio spirituale che ci può aiutare per prevenire o attenuare problemi, c’è un ponte tra tradizione religiosa e diritto che si può accrescere nella “fecondità reciproca” (Nicora).
Stato del post:
bozza da revisionare, l’articolo originario è stato sviluppato e diviso in tre parti ora in fase di creazione, qui la seconda parte con l’Ascensione concreta, personale di Dalì