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150. Oltre la morte: gli indizi di Carnelutti(n.1)

Il supporto di Falcone.

(agg. 5 aprile 2023)

 Se l’io produce qualcosa di immortale non può essere mortale (F. Carnelutti

Il grande giurista Francesco Carnelutti  affronta indirettamente  il tema della  resurrezione  nel piccolo libro Il sole sorge al tramonto dove raccoglie alcune lezioni fatte ai colleghi nell’isola di San Giorgio a Venezia per la Fondazione Cini. Il testo è molto bello e mostra la grande cultura di Carnelutti, qui innanzi metto solo qualche spunto raccolto che vuol essere un invito alla lettura.

Carnelutti analizza più esattamente la morte, il timore che la circonda e inizia a ragionare per trovare il miglior modo di affrontarla senza paura. Non parte dalla fede ma dalla ragione in cerca di alcuni significativi indizi per credere alla continuità della vita, in una dimensione non visibile, nella resurrezione  

Parte con una considerazione storica: molte persone che cita hanno accolto bene la loro morte.

Carnelutti allora ragionando cerca di vedere se è possibile  rallentare il tempo (vedi link ad altro post): se raggiungo un tesoro di esperienze buone, la memoria è uno scrigno e quello scrigno mi consente di raggiungere una pace vitale, “il tempo si accumula, non si perde. La memoria è lo scrigno…” Dovrà essere una memoria capace di selezionare il bene e perdonare il male. ”Il ricordo di una grazia passata può essere una nuova grazia” (Julien Green). Si possono allora trovare quegli “attimi di vita moltiplicata”(Cristina Campo) che sperimentano i mistici.

La ragione più importante per credere alla resurrezione è questa: Carnelutti attesta la presenza dell’”io” nella persona. Poi parla dell’opera d’arte che sopravvive alla sua distruzione. Se si brucia un libro della Divina Commedia l’opera resta viva. Andrebbe precisato che basta se ne conservi la memoria.

Come accade per  il testamento l’opera d’arte permette alla volontà di sopravvivere nonostante il corpo venga distrutto e  la persona scompaia alla vista. 

Carnelutti paragona l’io all’opera d’arte e ritiene vi sia una continuità tra l’uomo che produce  e la resistenza di quanto da lui prodotto . “Se l’io produce qualcosa di immortale non può essere mortale”(p. 52). Allo stesso modo c’è la sopravvivenza dell'”io” alla distruzione del corpo.

Difficilmente qualcuno cambierà idea per queste argomentazioni. Si dirà che vanno distinte: si distinguerà l’arte della vita concreta che si trova vivere e quindi troverà una serie di difese del proprio assoluto scetticismo.  Eppure la deduzione utilizzata da Carnelutti è affascinante,   L’arte vince la morte. La vita ha prodotto l’arte. La vita è immortale. Peraltro  l’analogia che si usa nel campo del diritto potremmo usarla per estendere alla vita davanti alla morte  la forza dell’arte.  Si può constatare che riguardo alla vita sulla soglia della morte la nostra ordinaria conoscenza si arresta come nelle materie non regolamentata e si potrebbe ipotizzare che rispetto all’arte c’è una eguale ratio (c’è qualcuno, qualcosa  da trasmettere e salvare sia nell’arte sia nella vita davanti alla morte). Possiamo pertanto costruttivamente considerare l’ipotesi dell’immortalità,  non va sottovalutata l’esperienza  dei  testimoni che hanno dato la vita per difendere quello in cui credevano confidando nella parole di vita eterna del loro maestro.

Nella storia il tema dell’immortalità ha attraversato le riflessioni della filosofia (venne sostenuto ad esempio da Socrate) e delle grandi religioni monoteiste. Oggi ci sono convergenze con le affermazioni di altri importanti autori i quali con semplificazioni un po’ eccessive ma suggestive sottolineano, oltre la morte, una resistenza spirituale. Viene in mente  il dottor Robert Lanza definito dal New York Times “il terzo  scienziato più autorevole al mondo”. Secondo questo scienziato mentre la struttura atomica, il corpo decade con la morte, la coscienza resta, o meglio torna a far parte dell’immenso campo nel quale era presente prima di addensarsi con gli atomi. Lo stesso ha affermato, con una metafora molto interessante:” portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci, quando un guscio cade noi continuiamo ad esistere”(fonte: Filmatrix p.92)

Anche l’inventore Nikola Tesla, in alcune sue dissertazioni un po’ new age, argomenta in questo senso

 

 

 

 

 

 

 

 

Più prudentemente la Tradizione cristiana sostiene la morte come fatto ma anche il principio vita mutatur non tollitur, la vita si trasforma, non viene tolta.

Un’altra convergenza, che può sembrare  più pratica, si può trovare uno dei più grandi giuristi in Italia, un martire nella giustizia, Giovanni Falcone(18 maggio 1939 – 23 maggio 1992) . Tutti conosciamo la sua frase: “gli uomini passano,  ma le idee restano. Restano le tensioni morali che continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Qui ci avviciniamo, per alcuni aspetti,  a quella che per alcuni è la prova più importante ed antica della resurrezione : la conversione di un feroce persecutore dei cristiani, Paolo di Tarso.

Anche Capograssi  riflette con una singolare profondità sulla vita dopo la morte e trova una prova concreta, pur indiziaria  del fenomeno nella stessa esperienza giuridica concreta, a partire dall’accollo…

Credere al di là, secondo i giuristi del Novecento: Giuseppe Capograssi (n.2)

 

Da alcune conversazioni con il prof. Giuseppe Fornari mi pare di aver capito  che nel suo ultimo libro approfondisce alcuni aspetti storici della vicenda di Gesù ed indaga sulla resurrezione. La visione da S.Paolo di Cristo risorto a Damasco (Atti 22,6-16), vissuta e testimoniata come un reale evento è forse la più antica prova della resurrezione.  La prima lettera ai Corinzi (1Corinzi 9,1-18; 1Corinzi 15,1-11) riporta per la prima volta l’evento ed è stata scritta prima dei Vangeli. Si dirà che è una visione disincarnata, senza un contatto vivo con la carne. Ma  quell’esperienza spirituale  che ha radicalmente cambiato la vita di Paolo è presente anche in altre testimonianze evangeliche dove si parla di un Cristo che entra in luoghi con le porte chiuse. Si dirà che in alcune   apparizioni del Vangelo è presente la dimensione fisica, tangibile (Lc 25,35-48). Si può fare comunque un utile distinguo: l’aspetto corporeo  potrebbe essere proprio della visione dei discepoli, non del risorto “entrato in una nuova dimensione dell’esistenza”(Jean Guitton). Lo stesso Paolo parla di un corpo spiritualizzato ((1Cor 15,42-43). Questo fenomeno avvicina la resurrezione alle apparizioni mariane, peraltro anche in quel caso ci sono stati fenomeni di contatto fisico. Alcune apparizioni hanno avuto ulteriori supporti oltre ai veggenti, altre invece sono rimaste esclusiva del veggente, come pare accaduto nei resoconti delle apparizioni del risorto.

 

stato: bozza  sperimentale da poco  nascente, solo indicativa di una ricerca

giorni:  Pasqua

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