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Schmitt, lo strano rifugio di un valente giurista nella prigionia

da Oscar Wilde a Elsa Morante; l’antropologia della croce, anche con Calamandrei

 

Non è che i problemi non hanno soluzioni. il problema è che la soluzione ha la forma della croce (Jean Guitton)

(agg. 8.01.2024) Davanti alla sofferenza  trovare un resistente significato.   Carl Schmitt (1888-1985), uno dei massimi esponenti del pensiero politico e giuridico del XX secolo,  ha commesso alcuni gravi errori ma è stato anche capace di visioni profonde frutto anche delle esperienze di illusione e prigionia della seconda guerra mondiale. Alle fine ha scritto parole straordinarie:

“L’ultimo rifugio per un uomo tormentato da altri uomini è sempre una preghiera, una giaculatoria al Dio crocifisso. Nel tormento del dolore, noi lo riconosciamo, ed egli ci riconosce. Il nostro Dio non fu lapidato come ebreo da ebrei, né decapitato come romano da romani. Egli non poteva essere decapitato. Un capo nel senso giuridico egli non l’aveva più, perché non aveva più diritti. Morì la morte degli schiavi, la crocifissione, che un conquistatore straniero gli aveva irrogato.(C. SCHMITT, Ex captivitate salus. Esperienze degli anni 1945-47, Adelphi, Milano 1987, p. 63)

Ricorda Oscar Wilde quando dal carcere di Reading è stato capace di scrivere nella Ballata del carcere di Reading: “Come potrebbe entrare Gesù se non per un cuore spezzato?”

La sorgente  del cristianesimo va in cerca delle vite spezzate come ricorda la figura del Buon Pastore che ricerca la pecora smarrita, partecipa al loro dolore .

 

Dopo il cristianesimo al di là del modo di contare gli anni la storia, per molti aspetti, è stata cambiata. Come ha constatato un altro filosofo: “duemila anni e ancora nessun nuovo Dio!”. Oggi  molti rifiutano si parli di Dio, basterebbero, secondo loro, le regole del “traffico”. Ma di quale Dio si sta parlando? bisognerebbe intendersi prima di discuterne… Dio è veramente solo un limite? Perché  un pensatore relativista e scettico come Gianni Vattimo  si è avvicinato alla fede? Per chi è attento agli sviluppi del pensiero ci sono stati grandi sviluppi nel pensiero nella seconda metà del Novecento. 50 anni dopo Schmitt il  grande antropologo del Novecento Renè Girard con una ampia riflessione che  sottolinea l’unicità e la differenza del Dio cristiano e oserà titolare una sua conferenza “Io prego Cristo crocifisso”. E l’antropologo aveva sperimentato in pratica la forza della fede: proprio alla fine di  una settimana santa osservata scrupolosamente nei suoi riti gli era stata constatata  la guarigione da un tumore alla pelle (nel libro: Quando queste cose cominceranno pp. 174-176)

 

Con questa antropologia della croce per alcuni aspetti si  unisce insieme Verità e amore. Si può parlare veramente della  massima forma nel senso di Cristina Campo. Condividono l’importanza di questa forma anche Natalia Ginzburg e Piero Calamandrei

La rilevanza per il giurista e per ogni difensore:

1 nelle difficoltà si può cercare chi ci può aiutare, la figura messianica.  Si veda qui un aiuto per questi momenti

2 Quando si è in una situazione di calma e si è operativi ci si può chiedere,  nella fattispecie che affrontiamo, dove sia la figura del povero cristo sofferente da cui è bene non allontanarsi se si è in grado di aiutarlo. Anche per questo il giurista Calamandrei  individua nella croce il criterio per giudicare

Riguardo al povero cristo si è espressa con molta efficacia la scrittrice Elsa Morante.

“Il termine cristo– fece sapere agli astanti, sforzando la voce – non è un nome o un cognome personale: è un titolo comune, per designare l’uomo che trasmette agli altri la parola di Dio, o della coscienza totale che significa proprio lo stesso. Quel  Cristo là si nominava, secondo i documenti, Gesù di Nazaret, però altre volte, attraverso i tempi, il cristo si è presentato sotto diversi nomi, di maschio, o di femmina – lui non bada al genere – di pelle chiara o scura – lui si mette il primo colore che capita – e in oriente e in occidente e in tutti i climi. Siccome lo scandalo era necessario, lui si è fatto massacrare oscenamente, con tutti i mezzi disponibili – quando si tratta di massacrare i cristi non si risparmia sui mezzi… Ma l’offesa suprema che gli hanno fatta, è stata la parodia del pianto! Generazioni di cristiani e di rivoluzionari – tutti quanti complici! – hanno seguitato a frignare sul suo corpo – e intanto, della sua parola, ne facevano merda!”

“E così, d’ora in poi, – continuò , intoppandosi, e tossicchiando a ogni frase, e facendo smorfie – lui, se torna, non dirà più parole, perché tanto, quelle che aveva da dire, le ha gridate ai quattro venti. Quando è apparso in Giudea, il popolo non l’ha creduto il vero Dio parlante, perché si presentava come un poveraccio, non con l’uniforme delle autorità. Però se torna, si presenterà ancora più miserabile, nella persona di un lebbroso, di una accantoncella deforme, di un sordomuto, di un bambino idiota. Si nasconde in una vecchia puttana: trovatemi!, e tu, dopo esserti servito della vecchia puttana per una scopata, la lasci là, e uscito all’aria aperta, cerchi in cielo: ah, Cristo, sono duemila anni che aspettiamo il tuo ritorno! Io – risponde lui dalle sue tane – non sono MAI partito da voi. Siete voi che ogni giorno mi linciate, o peggio ancora, tirate via senza vedermi, come s’io fossi l’ombra di un cadavere putrefatto sotto terra. Io tutti i giorni vi passo vicino mille volte, mi moltiplico per tutti quanti siete, i miei segni riempiono ogni millimetro dell’universo, e voialtri non li riconoscete, pretendete di aspettare chi sa quali altri segni volgari…”

Il limite del particolare del racconto della Elsa Morante è che sta parlando delle vittime in generale. Sono senz’altro le prime beneficiarie di un  cristianesimo autentico ma bisogna tener presente che le categorie (vittime e carnefici) sono anche  mobili e composite. Inoltre  la differenza cristiana la compie anche la vittima che perdona, lì sembra congiungersi  la terra e il Cielo  in un gesto, il perdono, sconosciuto a Socrate. Per questo le premesse della resurrezione come dinamica misterosa spirituale sono già presenti nel crocifisso che, rimettendo il gesto al Padre, perdona.

 

 

3 La prestazione del giurista potrà essere empatica e tecnica verso il povero cristo,  lo stesso potrà essere contenuto parzialmente anche dentro una persona potente. La prestazione comunque non potrà essere ingenua per la mobilità delle figure e per evitare di  farsi sfruttare. Ma resta con momenti sofferti. Sull’empatia (presente anche come differenziale umano in un film epocale: Blade Runner)ha scritto benissimo Calamandrei:

  “Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l´avvocato no! L’ avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambascie. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”(Piero Calamandrei).

La fede nella “vincente giustizia” per chi ha esperienza di tribunali potrà  essere declinata preferibilmente nelle forme migliori, spesso dialogiche, mediatorie senza ricorrere al giudice la cui spada è spesso meccanica e senza faretra

Video: qui una buona sintesi, senza calcare eccessivamente sulla violenza, del film The passion of Christ. il film di Mel Gibson  evidenzia la figura del Servo sofferente descritta dal profeta Isaia.  Secondo Giovanni Paolo II che vide in anteprima il film nel 2003 “è andata proprio così”.

 

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