quando il giurista martire Livatino scrisse, prima con la sua vita, il discorso a Papa Francesco.
Allora la forza può ritornare presente, viva.
Quanto più una cosa è importante, tanto meno importa il numero dei suoi difensori. Se per difendere una nazione c’è bisogno di un esercito, per difendere un’idea basta un solo uomo (N.Gomèz Dàvila)
(agg. 3 marzo 2023) Il 29 novembre 2019 in udienza privata il Papa ha ricevuto i giuristi membri del Centro Studi Livatino e di altre associazioni che si erano iscritti. Anch’io ho partecipato. Hanno parlato anche i giornali dell’incontro del Centro Studi Livatino con il Papa: https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2019/11/29/news/papa-francesco-contro-l-eutanasia-il-diritto-di-morire-non-ha-basi-giuridiche-1.38031172
La stampa non ha evidenziato che il Papa era molto, molto debole e parlando a bassa voce si faceva fatica a capire. Qualcuno ha ravvicinato il microfono ma il Papa pesantemente affaticato lo ha allontanato. Forse perché il suono amplificato della sua voce gli sarebbe ripiombato addosso. Il discorso del Papa è stato comunque di vigoroso contenuto. La forza e l’esempio del martire, il giurista Livatino, il magistrato ucciso dalla mafia nel 1990, ha dato al discorso del Papa la forza e la penetrazione di un richiamo forte ai principi che non è stato sempre il motivo dominante in Papa Francesco. Lo stesso Papa cerca infatti di avere di solito un approccio molto delicato nei confronti delle persone comunicando anzitutto l’amore. Anche per questo il suo messaggio va letto insieme al messaggio dei suoi predecessori che lo completano.
Qui una delle frasi finali più importanti di un discorso che vale per tutti:
Cari amici, la concordia è il legame tra gli uomini liberi che compongono la società civile. Col vostro impegno di giuristi, voi siete chiamati a contribuire alla costruzione di questa concordia, approfondendo le ragioni della coerenza fra le radici antropologiche, l’elaborazione dei principi e le linee di applicazione nella vita quotidiana
Per una fatalità nella lettera personale che avevo preparato prima dell’incontro e ho dato poi a Papa Francesco c’erano proprio le idee di questa frase. 1 C’era la ricerca di una concordia fondata su una antropologia approfondita, su radici fondamentali di relazione con le quali andare incontro a a tutte le persone, non solo a quelle la cui emarginazione materiale è evidente. Ci sono vittime nascoste nelle dinamiche di relazione e sono persone che si sentono emarginate perché sono state coerenti nell’attenersi a certe regole con riferimento ai comportamenti nell’ambito relazionale e morale e sono state ferite da persone più disinvolte( vittime per la fedeltà ai principi) . Nell’apparente abbandono delle regole generali su cui un tempo la Chiesa insisteva nelle omelie, sembra che a queste vittime sia rimasta accanto solo quella verità di coerenza che ora non sentono difesa. In questa situazione, queste persone, anche in mancanza di un riconoscimento del loro comportamento, corretto per molti aspetti, in mancanza di una adeguata antropologia sostituita dal buonismo, purtroppo sono poco propense a perdonare ed è un grave problema, avrebbero bisogno di un riconoscimento (altrimenti come si scriveva in un libro drastico e ironico le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto). Il padre misericordioso nella parabola dice al figlio maggiore “tu sei sempre con me”(Lc 15,31), questo è spesso mancante nell’insegnamento della Chiesa istituzionale. E così non si avverte quello Spirito giusto con il quale si può riconoscere Cristo, a tratti, ovunque ci sono ferite
2: c’è la necessità per i giuristi, persone d’ordine di ribadire regole e principi non per amore di una fissità ma per cercare di proteggere prima le persone, vittime potenziali per evitare che lo divengano realmente, in assenza il relativismo imperante già assorbito normativamente sarà non più mentalità dominante ma pensiero unico. Per questo lo Spirito, il Signore che dà la vita nel Credo cattolico, definito paraclito, difensore e consolatore, è centrale e fondamentale. E la sua azione si serve anche di misure di protezione perché il peccato/ il crimine sia sanzionato e non si ripeta.
3: c’è per i cristiani l’esigenza di dare linee generali che possono regolare la vita del cristiano per un’ecologia integrale sia nella concretezza quotidiana dei rapporti umani che in un orizzonte più ampio, infinito, anche eterno in cui sentirsi accolti in una dimensione paterna e materna (presente e da riconoscere anche dentro le concrete relazioni con gli inevitabili limiti umani ) . E ci sono a riguardo indizi precisi, testimonianze, argomentazioni anche da giuristi come Carnelutti e Capograssi. Tale visione in cui il Dio Trino, unico ma non solo*, opera attraverso le relazioni umane aiuta tutti: anche il non credente nel sentire parlare di certe dimensioni escatologiche (spesso comunque presenti senza etichetta, come nei richiami del filosofo Severino) ha un richiamo alla responsabilità, come la avvertì Piero Calamandrei. Avevo scritto questi 3 punti (attenzione alle vittime, ai principi, ad una presenza divina trascendente eterna, operante anche dentro il quotidiano delle relazioni) nella lettera personale che poi ho dato al Papa ma, forse, è come se qualche altro li avesse prima dati all’estensore del discorso insieme al Papa. Papa Francesco ha ben ripreso il tema dei principi. Come ha evidenziato anche uno dei più grandi coach della leadership, Stephen Covey, ci sono due etiche: l’etica della personalità, basata su un atteggiamento esteriore che oggi è dominante e l’etica del carattere, interiore, fondata sui principi che difendono l’essenziale. Poi i principi alle volte entrano meglio se interagiscono con personalità sostenute dai media(come successe a J.F.Kennedy). Dentro la personalità può essere meglio comunicata l’etica del carattere ma ci deve essere la capacità di mantenere priorità, di avere una gerarchia interiore.
Papa Francesco in questo discorso ha evidenziato la forza della vita e dei principi incarnati da Rosario Livatino. C’è la forza della santità di un giurista, di un magistrato, Rosario Livatino capace di offrire la sua vita per la giustizia e poi capace di determinare gli argomenti del Papa stesso a tanti anni di distanza dal suo martirio. Questo è indicativo di cosa si possa fare concretamente perché un certo messaggio sia trasmesso. La Chiesa con il martirio (martyr vuol dire testimone e c’è anche un altro martirio più mite e quotidiano, quello della pazienza) dei suoi componenti, siano più o meno consapevoli di questa appartenenza, può continuare ad essere per tutti una sorgente di fede per i credenti ed una autorità morale per tutti. Seguendo l’esempio di Livatino: un uomo di riflessione profonda sul rapporto tra fede e diritto, di preghiera, di fedeltà e azione coerente alla verità che è venuta a trovarci. Si deve cercare il dialogo nell’ascolto e nell’amore ma anche tenendo una argomentata, comunicabile fedeltà, fermezza e comunicazione su verità e principi come ha fatto Rosario Livatino. E ha cercato di avere prospettiva coerente, vissuta, credibile per quel che è possibile, in tutti campi del vivere civile. Poi ognuno ha le sue fragilità ma le cadute frequenti non dovrebbero trasformare eccezioni in nuove regole. Regole tradizionali sono state spesso accantonate per non dispiacere alle maggioranze dimenticando il loro ruolo essenziale di difendere preventivamente le persone, specie le più deboli come i bambini e i nascituri( si pensi alla piaga della pedofilia sempre più tendenzialmente ammessa). Penso che in quel 29 novembre 2019 la persona più presente nell’aula Clementina del Vaticano era quella apparentemente assente ma in realtà più portavoce che mai: il magistrato e martire Rosario Livatino che ha ispirato quell’associazione che ha organizzato l’incontro. Com’è successo questo cambiamento che ha visto Papa Francesco così impegnato, nonostante le pressioni a cui deve essere sottoposto, a custodire il deposito non solo nell’amore ma anche nella verità? Forse si è vista la potenza e la resistenza trasmissibile di un principio vissuto e testimoniato da Livatino e ormai espunto dai desideri personali di tutti, anche dai giuristi: vivere l’amore alla verità fino al tempo necessario del sacrificio di se stessi, spesso frazionato nelle fatiche quotidiane. Rosario Livatino è stato portacroce per essere ora portavoce silenzioso presso il Papa. Poi anche la Verità impersonata da Cristo ha le sue sorprese: riesce ad amare i nemici (i nemici, non il male! Gesù quando gli danno uno schiaffo chiede spiegazioni… non è la resa incondizionata ma la difesa senza rancore mantenendo un atteggiamento sempre determinato, costruttivo e riparativo). L’amore per i nemici è forse la Verità più nuova e sempre nuova di Cristo, quella che tutti, conservatori o progressisti, tendiamo ad accantonare e da cui invece bisognerebbe sempre ripartire. Anche per un’individuale Apocalisse… cioè una rivelazione del male accompagnata dalle possibilità di un bene più grande, nel perdono.
Rosario Livatino il 9 maggio 2021 è stato dichiarato beato nella Chiesa Cattolica.
Giorni: 21 settembre in memoria dell’uccisione di Rosario Livatino, 29 ottobre memoria del beato Livatino e di Chiara Luce Badano .
Applicazioni: il tipo di professione svolto non deve far rinunciare le persone ad un ideale, anche di santità, così è stato per Rosario Livatino e le conseguenze del suo gesto sono incalcolabili. Come testimonia il cambiamento avvenuto anche nel suo assassino (Qui il link)
Video: qui il video tratto dal film che lo riprende e sintetizza il magistrato ideale, fedele ai principi, libero e indipendente
stato post: bozza da approfondire
* un esempio di riconoscimento della Trinità dentro una dolorosa vita quotidiana personale è stata fatta dalla Beata Chiara Luce Badano che si ricorda sempre il 29 ottobre. Lo evidenzia il racconto di una sua amica, Maria Teresa. «Un giorno le chiedo: “Con gli amici al bar, ti capita di parlare di Gesù, cerchi di far passare qualcosa di Dio?”E lei (Chiara) con naturalezza mi risponde: “No, non parlo di Dio”. La guardo e dico: “Ma come, ti fai sfuggire le occasioni?”. E lei: “Non conta tanto parlare di Dio. Io lo devo dare”. “E come fai, Chiara?”.“Eh, mamma, innanzitutto mettendomi in atteggiamento d’ascolto, poi con il mio modo di vestire, ma soprattutto con il mio modo di amare”». Continua Maria Teresa:«Avevamo un vicino di casa che non perdeva occasione per prenderci in giro riguardo alla fede, perché si definiva ateo. Un giorno stavamo uscendo da Messa, c’era anche Chiara con noi. Come sempre, questo signore dopo averci salutato non ci ha risparmiato qualche battuta: “Eh, siete stati alla Messa, vero? Tutti e tre… Non so che cosa ci andiate a fare alla Messa… Io Gesù non l’ho mai visto e per questo non ci credo”. Mi sono sentita offesa, e cercavo il modo di ribattergli. Ma mi aveva colpito il modo come Chiara lo guardava e lo ascoltava. Questo signore si è rivolto proprio a lei, e Chiara gli ha detto: “È vero…”. Il signore ha sorriso perché deve aver pensato: “Finalmente ho trovato un’alleata che mi capisce”. Ma Chiara ha proseguito: “È vero, anch’io non ho mai visto Gesù, ma lo vedo in te”. C’è stato un momento di silenzio, profondissimo. Non c’era più bisogno di parlare. Chiara ha rivolto un bel sorriso al signore e ci ha detto: “Possiamo andare?” Questa persona era rimasta profondamente colpita, per come Chiara l’aveva guardato e amato. Direi quasi che l’amore gli era arrivato prima delle parole. Da quel giorno ogni tanto questo signore veniva a casa per conversare sulla fede. Era evidente che lui aveva cominciato un cammino per scoprire quel Gesù che “era in lui”. Qualche volta lo vedevamo appoggiato nel fondo della Chiesa. E così, pian piano, ha trovato Dio… Quando Chiara è morta ha partecipato al funerale ed ogni tanto andava a trovarla in cimitero. Dopo qualche anno si è ammalato gravemente ai polmoni. Ha sofferto molto perché non riusciva a respirare. Con Ruggero andavamo spesso a trovarlo per recitare con lui il rosario. Diceva di volersi preparare in modo degno all’incontro con Dio.Un giorno ha chiesto ad un amico che era venuto a trovarlo: “Portami da Chiara, in cimitero”. “Ma tu non ce la fai… – gli diceva l’amico – vedi che non riesci neppure a respirare”. “Vedrai che respiro”. E si è fatto portare in quelle condizioni al camposanto. Era l’11 agosto, festa di Santa Chiara d’Assisi, e lui voleva ringraziare un’ultima volta Chiara Luce per quello che aveva fatto per lui”». Per chi vuole approfondire: https://www.youtube.com/watch?v=o8o4ALnhybg